Va bene non star bene

Cara Lidia,

abbiamo detto più e più volte che dobbiamo impegnarci per raggiungere uno stato di benessere. Che non è un numero, né sulla bilancia né di alcun altro tipo. Abbiamo parlato di lasciar andare il controllo, anche illusorio(è lui che controlla te), l’ossessiva ricerca della perfezione, di trovare noi stesse. E questo nulla ce lo deve portar via. È anche vero, però, che ricerca della perfezione è anche pretendere, come stai facendo, di stare subito bene dopo essere stata male. Non di stare bene, in realtà. Di stare benone. Da Dio. Di essere al top. L’atteggiamento perfetto, insomma. Il perfetto modo di viversi i momenti. La mentalità perfetta. Il Natale perfetto. Il modo perfetto di affrontare il Natale. Ma noi siamo umani. Ci lavoreremo, su ciò che ti causa problemi. Sicuramente si può star meglio. Ci lavoreremo. Non si molla mai, Lidia. Ma va anche bene non star bene. Perché siamo umani e questo succede e succederà. Va bene non essere sempre al top. Né devi aspettare di esserlo per poter vivere. Non intendo dire che questa situazione debba essere definitiva o che non valga più la pena di lottare per noi stesse. Intendo solo dirti di darti un po’ di pace.  Va bene se non sei “perfetta”. Va bene se ti presenti come sei. Stai facendo del tuo meglio con quello che hai in questo momento. Perché ciò che si trova dentro di noi non è sempre lo stesso, né tanto meno lo è ciò che si trova fuori. Va bene essere coraggiosi. Ma ogni tanto prova ad essere anche gentile con te stessa.

Tua

Lidia

Invisibile

Perché non si vede, Lidia, non significa che non esista. Parlo di ciò che provi. Non importa se in molti sostengono il contrario. Non hai nulla da dimostrare. So che fa male. Quando la gente pensa che vada tutto bene e che sia ridicolo che tu riceva ancora aiuto. Non si pongono una domanda in più. Non cercano di capire come stai davvero. Solo perché a vederti non si direbbe che tu abbia difficoltà. E se non vedo non credo. Lo sai anche tu. Lo dici sempre riguardo allo specchio. Sì, forse non sei davvero il mostro che vedi ma se non vedi qualcosa di diverso non ci credi. Questo siamo abituati a pensare. Fin da piccoli. Se non vedo il voto alto a scuola non credo che tu ti sia impegnata. Non abbastanza, almeno, a quanto pare. Tutto si deve vedere, misurare. Ma quanto di quello che siamo si può davvero misurare? Quanto pesa ciò che proviamo? Che voto meritano le nostre passioni? Lidia, non siamo arrivate fino a questo punto per smettere di prenderci cura di noi quando non si vede più che ne abbiamo bisogno. Possiamo ascoltarci noi ora. Non abbiamo bisogno che siano gli altri a farlo. 

Tutto sotto controllo

Perché lo fai, Lidia? Perché non ti ascolti? Perché torni sempre a ciò che è sicuro, il cui risultato, altrettanto sicuro, è che ti rovini la salute? Che parte dell’abbandonare questi schemi ti fa così paura? Soprattutto, che parte di te ti fa così paura? Cosa è successo? Lo so, Lidia. C’è qualcosa di speciale nell’avere tutto sotto controllo. Fa schifo. Fa molto più schifo di quanto sia speciale. Ma lo è. È magico.  Hai detto bene. Magico. Perché non si può raggiungere. Perché ci sarà sempre altro, ce ne sarà sempre ancora. È come un animaletto che più nutri e più è affamato. E non si sazia mai. Come un bambino piccolo. “Giochiamo ancora?”, “mi racconti ancora quella storia?”, “lo fai ancora?”. E non si stanca di chiederlo. Ancora. Ancora. E nel frattempo, come un vampiro, ti succhia via tutte le energie. Ti vuole bene e vuole che tu te ne voglia altrettanto. Non, attenzione, per come sei, ma per come devi essere. Cosa ci vuole per volersi bene? In quali criteri bisogna rientrare? Esistono dei criteri? Quanto pesa tenere conto di te? Quanto pesa andare avanti per la tua strada senza di te?

Quanto ancora durerà?

E questo quanto ancora durerà, Lidia? Per quanto ancora dovrai fare abbastanza ed essere abbastanza per meritare di dormire, di uscire di casa, di riposare, di leggere un libro, di scrivere, di mangiare, di fare tutto? Per quanto ancora dovrà essere un voto, e non solo uno universitario, a darti il permesso? Per quanto ancora un numero dovrà essere in grado di definire che persona sei? Per quanto ancora ti ridurrai a questo? Per quanto ancora sacrificherai la tua salute a favore dei tuoi ideali di perfezione? Quando smetterai di dimenticarti di te, Lidia? 

Perché l’hai sempre fatto

Perché così hai sempre fatto, cara Lidia, non significa che le cose debbano andare avanti immutate. Può aver funzionato. Hai sempre studiato in un certo modo e hai preso voti alti a scuola e poi agli esami, certo. Ma sei sicura che non ci sia altro modo per arrivare allo stesso risultato? Ti sei dimenticata di febbri, burnout prima e dopo ogni singolo esame, di tutte le volte che per la stanchezza non riuscivi più a camminare, di tutte le volte che ti sei sentita male, che sei crollata, ma ne volevi ancora? Ancora, ancora…e tu? Sei sicura che ti abbia fatto bene? Il controllo, ora. Quello sul cibo, ad esempio. Quel calo di peso, quella sensazione che definivi magica. Ti faceva bene. Ma poi? Vedi, Lidia, quello che hai sempre fatto PUÒ averti fatto bene, PUÒ averti aiutato. Altrimenti non l’avresti fatto. Ti è servito. Ma ora sei sicura che non ci sia altro modo di vivere? Sei sicura che “lo faccio perché l’ho sempre fatto” non ti stia soffocando? Io penso che conosciamo entrambe la risposta, anche se è difficile ammetterlo. Concediti questa possibilità, Lidia. Per te. Per noi. Possiamo farcela.

Vuoto

Eccoti, Vuoto. Tu che sei fra i miei più grandi motivi di terrore. Ti evito. Ti riempio di pensieri, calcoli, di programmazione, di quello che devo fare. Devo sempre essere occupata. Non devo mai avere a che fare con te. Quando arrivi mi rifugio in ciò che trovo sicuro e dotato di un che di confortante. Che tutto è fuorché confortante. Ma è sempre meglio di te. È sempre meglio di me. Il controllo. Del cibo, del corpo, delle opinioni degli altri, della giornata, di tutto. E così cado in una spirale. Tutto per evitarti. Non posso, continuo a ripetermi in vari modi. Non ho tempo. Non devo. Non è il momento. Ciao, Noia. So che sei qui, pur facendo di tutto per non vederti. Ti ascolto, adesso. Ti vedo. Mi stai segnalando che sono stanca di tutto questo. Per questo non ti voglio, perché non mi sembra giusto esserne stanca. Mentre, però, rifletto se sia giusto o meno averti con me, Salute spesso va via. Ciao, Rabbia. Mi aggredisci. Mi insulti. Mi dici tutto il peggio. E poi io nemmeno ti riconosco, tanto sono abituata a soffocarti, a soffocarvi, voi emozioni. Non ho spazio per voi. Cosa cerchi, Rabbia? Perché faccio schifo? Cosa nascondi? Ciao, Imbarazzo, re del Vuoto. Cosa dico? Cosa faccio? Come mi comporto? Cosa scelgo? Vado bene o no? Tutto va minuziosamente programmato. Tutto va sistemato. Ogni cosa al proprio posto, come in un puzzle. Così non verrai. O, almeno, così spero. Invece più ti soffoco e più ti fai sentire. Sott’acqua lotti, scalci, alla fine emergi. Cosa dico? Cosa faccio? Vado bene? Non ho le risposte a queste domande. Faccio del mio meglio, questo sì. Ciao, Bisogni Di Lidia. Voi per cui non ho tempo. Voi che il tempo, prima o poi, me lo create forzatamente. Voi che urlate. Eccomi. Sono qui ora.

Ansia

Ciao, Ansia. Presenza costante. Mia compagna di vita. Anche se vivere con te non sempre significa vivere davvero. Lo riconosci, no? Lo so. Tu vuoi proteggermi. Gli esami. Lo studio. Il cibo. Le relazioni. Tutto. L’imprevedibilità è il tuo peggior nemico. E lo capisco. Certo che lo capisco! Ma sai, Ansia, non sempre è un male. Non necessariamente. La vita è qualcosa di scorrevole, in continua evoluzione. E questo fa paura. Mi dici che non ci sarà nulla di cui aver paura se faccio come dici tu. Invece, molto spesso, ho ancora più paura. In quei momenti ti riversi su ciò che conosco. Ti aggrappi a questo. Cibo, corpo, studio, numeri, interazioni, andamenti di numeri. Come se proprio io, che non sono mai stata brava in matematica, mi riducessi ad una curva in un grafico. È mai possibile? Sono Lidia, Ansia. Sono una persona. Apprezzo che tu ti sia presa cura di me quando io non ne ero in grado. Ora, però, puoi fidarti un po’ di me? Ti prometto che avrò cura di me. Non devi fare tutto tu. Un bel respiro, su. Andiamo avanti. Vieni, prendimi per mano. Scopriamo come si fa.

Controllo

Caro Controllo,

sei il mio tormento. Il mio grande amore. L’oggetto delle mie disperate ricerche. La mia più grande illusione. Dici di essermi sempre accanto, in ogni ambito. Basta che io mi comporti in un certo modo e tu sarai lì a salvarmi. Dall’ignoto. Dall’imprevedibilità del mondo. Da tutto ciò che più temo, pur, forse, senza averne ragione. Sarai buono con me se farò come dici. Mi abbraccerai, tu, mio migliore amico, mio punto fermo, e mi avvolgerai come una copertina nel più freddo degli inverni. Ma la neve inizia a sciogliersi, il sole fa capolino e riscalda il mare. Si vedono i primi tuffi, le prime nuotate. “Vediamo quanto lontano riusciamo ad arrivare”, dicono i bambini. Io, invece, sono qui con te, nella neve. Va bene, mi dici. Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno. E allora perché sono così infreddolita e a disagio? Perché non posso andare a divertirmi con i miei amici? Perché tutto si riduce ad una lista di sì e no? Perché il mondo è diventato così piccolo qua intorno? Non andrò da nessuna parte senza di te, mi dici. Non sono nulla senza di te. Ma devo concedermi di provare. Ci deve essere di più di questo. Lo devo a me stessa. Lo devo a quella bambina che è entrata nel tuo meraviglioso castello di ghiaccio e non è più tornata indietro. O forse non è più andata avanti. Ti amo. Ti odio. Non ce la faccio più. Ho bisogno di lasciarti andare ora.

Tua,

Lidia

Cara Lidia del futuro,

Spero che tu sia più serena. Spero che non ti odi più così tanto, che non riversi più ogni cosa che succede su quanto credi di essere sbagliata. Spero che tu riesca ad essere più gentile con te stessa. Non devi amarti, questo no. Non sempre, almeno, perché sarebbe una richiesta impossibile. Ma spero che tu ti voglia un po’ bene, che tu riesca a far pace con te stessa. Spero che tu riesca a vedere i colori del mondo e a capire che se non è bianco non necessariamente è nero, che se non sei cento (e non lo sarai perché sai che non è possibile raggiungere quello che insegui. Ci sarà sempre altro da inseguire, di più, di meglio)non necessariamente sei meno di zero. Spero che tu non faccia sempre di quello che devi essere o fare e di come devi essere e fare la tua identità. E spero che tu capisca che non hai bisogno di un numero per volerti bene e che nessun numero è ciò che ti rende quello che sei. Conto su di noi, Lidia. Grazie per non aver mai mollato, anche quando sembrava la cosa più facile e immediatamente gratificante. Grazie per esserti data la possibilità di esserci.

Tua,

Lidia del presente

Quando?

Non è questo il momento di sperimentare. Ho da fare. Non posso permettermelo. È fuori discussione. Se lo faccio sarà una tragedia. Non raggiungerò mai i miei obiettivi. In realtà non puoi prevedere come andrà. È questo a farti paura, no? L’imprevedibilità. Non sono capace. Per me non va bene. Hai paura. E va bene. Certo, fa paura allontanarsi dal nido, dal rifugio, da ciò che è sicuro, che conosci, che sai come va. È terrificante. Voglio dire, hai costruito una vita su queste basi, non neghiamocelo. Per forza senti la terra tremare. D’altra parte sei felice così? Stai bene? C’è una differenza fra reggere e star bene. Magari un’altra volta. Ma quante prossime volte ci sono già state? Ora non posso. Non è questo il momento. E quando lo sarà?